(...)
A volte mi domando se mio padre ricorda ancora quei giorni. E se si è mai reso conto di quanto imparavo da lui nei silenzi di quei pomeriggi d'inverno. L'inverno mi pareva un personaggio vivo, e il lago, le piante, il battello, tanti esseri che prendevano vita e sostanza alle sue parole e ai suoi gesti. Senza pensarci, mi insegnava a vedere il mondo, a conoscere la vita, a sapere come prenderla, a trovarci gusto e a navigarla con calma. Delle cose che mi insegnava tacendo, alcune le ho imparate, di altre non mi sono accorto. Ora li ritrovo quegli istanti, e scrutandoli da lontano, vi cerco quello che mi sfuggiva allora. Faccio qualche piccola scoperta, lego insieme qualche gesto e qualche parola che mi erano sembrati senza senso e che invece ne avevano, perché erano il sugo di cinquant'anni di esperienza che lui aveva fatto del mondo.
Ora soltanto che anch'io tiro qualche somma, so quanto si può condensare di vita in un gesto o in una parola.
Le tranquille e pensose fumate di mio padre alla finestra, avvitavano, nel cielo grigio di quel tempo, il suo passato al mio avvenire. Ma quel vento freddo del lago sulla mia e sulla sua faccia, dove è andato a finire la sua corsa? E quel senso di sicurezza e di tranquillità, quelle cose certe e innocenti che accadevano sempre alla stessa ora, il cocchiere, la guardia, il messaggero, in quale piega del tempo sono nascosti?
domenica 16 dicembre 2012
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