martedì 30 aprile 2013
L'orizzonte degli eventi, Baustelle
Voce 1
Sebbene la massa del sole incurvi lo spazio-tempo
e ogni religione punti sul concetto di eternità,
ci rivolgiamo alle agenzie di viaggi e seguitiamo ad aver paura.
La stessa di quello scrittore americano del Novecento
che gli costò perplessità nei confronti del progresso,
accuse di razzismo e letteratura da quattro soldi.
Viviamo l’orizzonte degli eventi.
Oltrepassarlo ci spaventa e ci esalta insieme.
Al ventennale dell’esame di stato non sono andato,
ma continuo a immaginare ciò che mi riserverà il futuro
e quale inno mio figio canterà.
Bucare l’orizzonte degli eventi.
Questo vogliamo tutti, quando facciamo sport per rimanere giovani,
preghiamo la Madonna, o ci appoggiamo la
canna di pistola alla tempia
Voce 2
Mercedes. Recessione. Fallimento. Dipendenti. Calciatori.
Brava Gente. Imprenditore. Questore. Prestazione. Pressione.
Fiscale. Annalisa. Vicinato. Cinquant’anni. Discoteca.
L’orizzonte. Messaggino. Perdono. Vergogna. Gesù Cristo.
Porta a porta. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo.
canna di pistola alla tempia
Voce 3
Paola lascia casa. Il ragazzo, la famiglia, una gatta.
L’Inghilterra o la Germania, questo sì.
Questo si che è sicuro. Un lavoro anche di merda lo si trova.
Paola lascia tutto e non saluta nessuno.
Disillusione per disillusione, meglio la maleducazione che una
canna di pistola alla tempia
domenica 28 aprile 2013
Michel Houellebecq, da "Estensione del dominio della lotta"
La norma è complessa, multiforme. Fuori dall’orario di
lavoro c’è la spesa che devi pur fare, i bancomat da cui devi pur mungere i
soldi (e davanti ai quali, fin troppo spesso, ti tocca fare la fila).
Soprattutto ci sono i diversi saldi che devi far pervenire agli organismi che
gestiscono i differenti aspetti della tua vita. Come se non bastasse, ti può
capitare di ammalarti, cosa che implica spese e nuove formalità.
Comunque un po’ di tempo libero ti resta sempre. Che fare? Come
impiegarlo? Consacrarsi al servizio del prossimo? Già, solo che, in fondo, il
prossimo non ti interessa affatto. Ascoltare musica? Un tempo, magari: ma nel
corso degli anni ti sei reso conto che la musica ti soddisfa sempre meno.
Il bricolage,
preso nel suo senso più lato, può offrire una via di scampo. Ma in verità non c’è
nulla che riesca a impedire il sempre più ravvicinato ritorno di quei momenti
in cui la tua solitudine assoluta, la percezione della vacuità universale, il
presentimento che la tua esistenza stia approssimandosi a un disastro doloroso
e definitivo, si combinano per sprofondarti in uno stato di vera e propria
sofferenza. E tuttavia continui a non aver voglia di morire.
Hai avuto una vita. Ci sono stati momenti in cui avevi una
vita. Certo, non te ne ricordi più benissimo; ma ad attestarlo restano varie
fotografie. Questo succedeva, probabilmente, all’epoca della tua adolescenza, o
poco più tardi. Quant’era grande, allora, la tua smania di vivere! L’esistenza
ti sembrava ricca di possibilità inedite. Ti vedevi potenziale cantante di
musica leggera, ti vedevi in viaggio per il Venezuela.
Ancor più sorprendente,
hai avuto un’infanzia. Allora: osserva un bambino di sette anni che gioca coi
soldatini sul tappeto del salotto. Ti chiedo di osservarlo attentamente. Dopo il
divorzio dei genitori, quel bambino non ha più padre. Vede pochissimo la madre,
che occupa una posizone importante in un’azienda di cosmetici. Eppure si
balocca coi soldatini, e l’interesse che mostra per queste rappresentazioni del
mondo e della guerra sembra molto intenso. Questo bambino, non c’è alcun
dubbio, già soffre un po’ di mancanza d’affetto; e tuttavia: quanto sembra
interessargli il mondo!
Voi pure, vi siete interessati del mondo. Parlo di tanto
tempo fa; però vi prego di provare a ricordare. Il dominio della norma non vi
era più sufficiente; non potevate più viverci, nel dominio della norma, e così
vi trovaste a dover entrare nel dominio della lotta. Vi chiedo di riandare a
quel momento preciso. Risale a molto tempo fa, vero? Rammentate: l’acqua era
fredda. Ecco: siete lontani dalla riva, o sì! come siete lontani dalla riva! A
lungo vi siete illusi dell’esistenza di un’altra riva; sbagliando, com’è ormai
evidente. Tuttavia continuate a nuotare, e ogni movimento che fate vi avvicina
al collasso. Tossite, i vostri polmoni bruciano. L’acqua vi sembra sempre più
fredda, e soprattutto sempre più amara. Non siete più tanto giovani. E adesso
state per morire. Non è niente. Ci sono qua io. Non vi lascerò cadere. Continuate
a leggere.
Ricordatevi, ancora una volta, del vostro ingresso nel
dominio della lotta.
(…)
Comunque,
al giorno d’oggi ci si rivede poco, anche quando la relazione goda
di un’atmosfera di entusiasmo. Talvolta hanno luogo conversazioni affannose che
trattano gli aspetti generali della vita; e talvolta si produce un’intesa
carnale. Certo, ci si scambia il numero di telefono, ma in genere ci si
richiama poco. E anche qualora ci si richiami, e ci si riveda, la delusione e
il disincanto prendono rapidamente il posto dell’entusiasmo iniziale. Credete a
me, che la vita la conosco: le cose vanno esattamente così.
Questo
progressivo sbiadire delle relazioni umane non manca di porre qualche problema
al romanzo. Come si potrà, infatti, proseguire la narrazione di passioni
focose, sviluppate lungo svariati anni e talvolta in grado di far sentire i
propri effetti su diverse generazioni? Il meno che si possa dire è che siamo
lontani da Cime Tempestose. La forma romanzesca non è concepita per ritrarre
l’indifferenza, né il nulla; occorrerà inventare un’articolazione più piatta,
più concisa e più dimessa. Se le relazioni umane diventano progressivamente
impossibili, ciò avviene chiaramente per via di quella moltiplicazione
dei gradi di libertà di cui Jean-Yves Fréhaut si dichiarava entusiasta. Sono
certo che egli stesso non avesse conosciuto alcun legame; il suo stato di
libertà era estremo. Lo dico senza acrimonia. Si trattava, come ho già detto,
di un uomo felice; detto questo, non invidio la sua felicità.
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