giovedì 28 aprile 2011

Alcune posizioni, Boris Pasternak (II)

da "La reazione di Wassermann - saggi e materiali sull'arte", Marsilio Editori 1970

5. Che cos'è un miracolo? E' questo, che una volta c'è stata al mondo una fanciulla di nome Mary Stuart; e una volta - era Ottobre - vicino a una piccola finestra, oltre la quale ululavano i puritani, ha scritto una poesia in francese, che terminava con queste parole:

Car mon pis et mon mieux
Sont les plus déserts lieux.


In secondo luogo un miracolo è questo: che una volta, in gioventù, vicino a una finestra oltre la quale gozzovigliava l'indiavolato Ottobre, il poeta inglese Charles Algernon Swinburne portò a termine lo Chastelard, in cui il lamento sommesso delle cinque strofe di Mary veniva reso dal rombo di cinque atti tragici.
In terzo luogo, e infine, un miracolo è questo: che una volta, cinque anni fa, un traduttore ha guardato alla finestra, e non sapeva di che stupirsi maggiormente.
Se del fatto che la tempesta di Elabuga conoscesse lo scozzese, e che come in quel giorno lontano tutto fosse in apprensione per la fanciulla diciassettenne; oppure del fatto che la fanciulla e il suo appassionato, il poeta inglese, gli abbiano saputo raccontre così bene, e in russo, ciò che continua a sconvolgerli entrambi, come in passato, e non cessa di incalzarli.
Che cosa significa? si domanda il traduttore. Che cosa avviene laggiù? Perché oggi vi è tanta calma (e insieme, lo si vede, tempesta)? Siccome noi siamo tutti protesi verso là, sembrerebbe che laggiù dovessimo versare il sangue. E invece, là, sorridono.
Ecco cos'è un miracolo. Il miracolo sta nell'unità e identicità della vita di questi tre piani, e di una quantità di altre cose (di testimoni, di persone che hanno assistito a queste tre epoche, di volti, di biografie, di lettori), nel reale Ottobre, non so più di che anno, che romba, diviene cieco e roco, là, oltre la finestra, sotto la montagna... nell'arte.
Ecco che cos'è.

6. Gli equivoci esistono. Ma bisogna evitarli. la noia tiene banco, qui. Si dice: lo scrittore, il poeta...
L'estetica non esiste. Mi sembra che l'estetica non esiste in punizione del fatto che essa mente, scusa, incoraggia, accondiscende. Che, senza sapere nulla dell'uomo, intreccia i pettegolezzi sulle specializzazioni. Ritrattista, paesaggista, generista, naturmortista? Simbolista, futurista, acmeista? Che gergo micidiale!
E' chiaro, si tratta di una scienza che classifica le sfere aeree secondo questo principio, dove e come vi debba disporre le falle che impediscono loro di librarsi in aria.
Inseparabili l'una dall'altra, poesia e prosa sono come due poli. In virtù di un senso innato dell'udito, la poesia cerca la melodia della natura tra il rumore del vocabolario, e tiratala fuori, un po' come si scelgono i motivi, si abbandona poi all'improvvisazione su quel tema. A fiuto, di proprio impulso, la prosa cerca e trova l'uomo nella categoria della conversazione, e se il presente ne è privo, allora lo cerca nella memoria, lo espone, e poi, per il bene della comunità, fa finta di averlo trovato nell'oggi. Questi due principi non esistono separatamente.
Fantasticando, la poesia si imbatte nella natura. Il mondo vivo, reale, è un concetto dell'immaginazione unico: riuscito una volta continua ad avere successo. Ecco, dura ancora, riesce a ogni istante. E' ancora reale, profondo, sempre appassionato nello stesso modo. Non ne rimarrai deluso la mattina dopo. Serve al poeta da esempio ancor più che da natura e da modello.

7. E' pazzia affidarsi al buon senso. E' pazzia dubitarne. E' pazzia guardare innanzi. E' pazzia vivere senza guardare. Ma provvedersi di quando in quando di occhi, e al rapido cescere della temperatura sanguigna ascoltare come, colpo dietro colpo, svegliando nel suo ricordo le convulsioni della folgore sui soffitti polverosi e sui gessi, cominci ad estendersi e a brontolare nella coscienza l'affresco riflesso di una tempesta primaverile, questa è proprio, proprio in ogni caso, la più pura delle pazzie!
Tendere naturalmente alla purezza.
Così noi ci muoviamo verso la pura essenza della poesia. Essa è inquieta, come il sinistro roteare d'una decina di mulini sull'orizzonte di un campo spoglio, in un'annata tetra, affamata.

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