giovedì 31 marzo 2011

Don't Let My Marigolds Die, Bill Fay



Please don't take the sun from the sky
Don't let them damage my eyes
Please don't let my marigolds die
Though I well know they're not mine

Hey don't let no one get you down
Hey don't let no one get you down

Please don't let the rain blow away
Let it be there ‘til the day

When the city's a museum and a rat is a friend
On the pavements of iron let the grass grow again

Please don't take the sun from the sky
Don't let them damage my eyes

martedì 29 marzo 2011

Il poeta, Marina Cvetaeva

(Dal ciclo "Dopo la Russia")

1

Il poeta - da lontano conduce il discorso.
Il poeta - lontano conduce il discorso.

Per pianeti, per segni... per botri
di indirette parabole... Fra il e il no
lui - persino volando giù dal campanile -
rimedia un appiglio... Poiché il cammino delle comete

è il cammino dei poeti. I dispersi anelli
della causalità, ecco il suo legame! Con la fronte in alto
disperatevi! Le eclissi dei poeti
non sono previste dal calendario.

Lui è quello che imbroglia le carte,
che inganna sul peso e sul conto;
lui è quello che domanda dal banco
chi demolisce Kant,

chi c'è nella bara di pietra della Bastiglia -
com'è l'albero nella sua bellezza...
Quello le cui tracce si dileguano sempre,
quel treno a cui tutti
arrivano tardi...
Poiché il cammino delle comete
è il cammino dei poeti: bruciando e non scaldando,
strappando e non coltivando - esplosione e scasso -
il tuo sentiero, crinieruto, storto,
non è previsto dal calendario!

8 aprile 1923

2

Ci sono al mondo i superflui, gli aggiunti,
non registrati nell'ambito visuale.
(Che non figurano nei vostri manuali,
per cui una fossa da scarico è la casa.)

Ci sono al mondo i vuoti, i presi a spintoni,
quelli che restano muti: letame,
chiodo per il vostro orlo di seta!
Ne ha ribrezzo il fango sotto le ruote!

Ci sono al mondo gli apparenti - invisibili,
(il segno: màcula da lebbrosario!)
ci sono al mondo i Giobbe, che Giobbe
invidierebbero se non fosse che:

noi siamo i poeti - e rimiamo con i paria,
ma, straripando dalle rive,
noi contestiamo Dio alle Dee
e la vergine agli Dei!

22 aprile 1923

3

Che cosa dunque devo fare, io cieco e figliastro,
in un mondo dove chiunque ha un padre e ci vede,
dove su anatemi come su terrapieni - stanno
le passioni! Dove un raffreddore
è chiamato - pianto!

Che cosa dunque devo fare, essendo costola e industria
del canto! - Come un congedo! Abbronzatura! Siberia!
Attraverso le mie ossessioni - come attraverso un ponte!
Con la loro imponderabilità in un mondo di pesi.

Che cosa dunque devo fare, io cantore e primogenito,
in un mondo dove il più nero è grigio!
Dove conservano l'ispirazione come in un thermos!
Con questa smisuratezza in un mondo di misure?!

22 aprile 1923

domenica 27 marzo 2011

The passion of Joan of Arc, Carl Theodor Dreyer 1927

Disputa su Dio e dintorni, Corrado Augias e Vito Mancuso

Augias

Vede dove porta la Chiesa come istituzione? Si sopravvive, certo, ma a quale prezzo. E la spiritualità, in nome della quale tutto ciò dovrebbe giustificarsi, se la dà a gambe.
Lei obbedisce al magistero, compresi i richiami della Conferenza episcopale suppongo, ma nello stesso tempo rivendica "la suprema libertà dell'uomo spirituale". Posizione apprezzabile, ma anche comoda. Un piede di qua e uno di là. Pecora obbediente del gregge, ma anche capro ribelle alla ricerca di sentieri suoi. Mi chiedo se i cattolici come lei siano una spina nel fianco per la Chiesa o non la sua foglia di fico.

(...)

Ora io chiedo al teologo che lei è se non sia addirittura blasfema un'idea di Dio che si rimette alla tecnologia sanitaria e sposta i termini della morte naturale a seconda dei macchinari inventati dagli uomini. Ci sono oggi persone tenute in vita, una sottospecie di vita puramente cellulare, solo perché strumenti complessi consentono alla loro carcassa di continuare a respirare, a defecare. Quelle stesse persone, solo pochi anni fa, sarebbero "naturalmente" morte. E aggiungo, facendo mio ciò che tempo fa mi disse il genetista Edoardo Boncinelli: "Oggi vivono e magari prosperano persone che in condizioni naturali non avrebbero avuto alcuna chance di sopravvivere fino a una certa età. Dai miopi ai sordi, dai diabetici agli emofiliaci, dai disabili di vario tipo ai portatori di intolleranze alimentari, per non parlare di tutte le problematiche connesse alle eventuali difficoltà del parto". Girano, fortunatamente, per le strade dei paesi più avanzati, molti individui che solo pochi decenni fa non ci sarebbero stati.
Allora cosa vuol dire naturale? Dov'era Dio, dove nascondeva la sua misericordia, diciamo mezzo secolo fa? E perché mai un organismo secolare, delle persone altrimenti serie, devono ricorrere a simili grotteschi aggiustamenti? La risposta è: appunto per ragioni istituzionali, cioè politiche, ovvero per poter continuare ad armi pari il braccio di ferro con lo Stato, per non perdere competenze e autorità e ricavi sui momenti fondamentali dell'esistenza: la nascita, il matrimonio, la generazione, la morte.
Ma lei mi chiede: "Crede che noi cattolici siamo tutti pecorelle-signorsì" come piacerebbe a tanti cardinali e a qualche altro eminentissimo e potentissimo prelato? So che non è così, apprezzo che non sia così, lo apprezzo talmente che mi dispiace perfino di polemizzare con lei con il rischio di farla irrigidire in una posizione che non è la sua.
Però le domando: a che servono le pecorelle signor-nò, rispetto all'immenso gregge delle pecorelle signor-sì o che semplicemente considerano la religione una scelta à la carte, un menu dal quale scegliere (questo sì, questo no, grazie) o addirittura un fazzolettino usa-e-getta? Da Francesco a oggi, sono mai riuscite le pecorelle-signornò a cambiare durevolmente la rotta, l'atteggiamento, l'animus, dell'istituzione Chiesa? Perchè questo non è mai accaduto? Mi creda se le dico una cosa piuttosto delicata. Nel brevissimo tempo in cui regnò Giovanni Paolo I, papa Albino Luciani, di fronte alla continua sorpresa delle sue affermazioni mi chiesi se la visione di Francesco non avesse per caso preso finalmente forma all'interno dei sacri palazzi. Poi Luciano morì e si è perfino ipotizzato, come sa, il suo assassinio. Non è impossibile che omicidio ci sia stato, ma poiché non lo sappiamo, è inutile rivangare la questione. Certo però, che quella morte fu, se così posso dire, provvidenziale, tanto incongrua, stridente, commovente, patetica, appariva la figura di quel piccolo papa innocente calato nei meandri della tradizione curiale, così carica di ferocia, nella storia. Com'è più adatto al ruolo il papa tedesco, l'ex capo del Sant'Uffizio, colui che ha consigliato, ispirato, al predecessore polacco la linea di chiusura nei confronti della teologia della liberazione in America Latina. Vale la pena ricordarlo, visto che lei cita i vescovi martiri ed eroi Oscar Romero e Helder Camara.

(...)

vede come possano concordare il pensiero illuministico laico e una teologia misericordiosa, che prescinda cioè dalle considerazioni di potere che così spesso avvelenano il messaggio della Chiesa ufficiale? E infine, ultima domanda, vede quale utilità si potrebbe ricavare dal una collaborazione leale e aperta di laici e cattolici in un momento in cui molti, soprattutto fra i più giovani, hanno estremo bisogno di punti di riferimento, di valori che aiutino la convivenza, il rispetto reciproco, la civiltà dei rapporti?
Perché i vescovi tedeschi e quelli spagnoli, vescovi della stessa Chiesa, si sono dimostrati così aperti, al contrario di quelli italiani? Forse perché i vescovi italiani sono peggiori, più cattivi degli altri? Forse perché tedeschi e spagnoli sono meno religiosi degli italiani? Non credo. Azzardo la mia risposta: perché gli italiani sono i più vicini alla centrale del potere, tenuti a un'obbedienza più rigida dal momento che le alte gerarchie hanno scelto di fare dell'Italia (della povera Italia) la loro terra di conquista in un momento di enormi difficoltà, con le chiese e i seminari vuoti in mezzo mondo e una scristianizzazione galoppante ovunque, perfino da noi.

(...)

Caro professore, sappia che io considero la teologia cattolica una poderosa costruzione intellettuale, né potrebbe essere altrimenti, dato il livello degli ingegni che hanno contribuito a edificarla. Tuttavia, mi pare intollerabile (oltre che controproducente per voi, come ho già detto) che questo insieme di concetti venga presentato come una verità rivelata, ovvero indiscutibile, un'etica valida per tutti e dunque da imporre a tutti, anche con l'aiuto delle leggi, là dove i legislatori si presentino abbastanza cedevoli. Non devo certo fare esempi di tale cedevolezza. Il cattolicesimo è una corrente filosofica come tante altre nelle quali il pensiero umano si è progressivamente articolato; nessuno però è stato mai obbligato a diventare stoico o a comportarsi da stoico. L'adesione allo stoicismo era una libera scelta, liberamente revocabile. Non pochi dignitari della sua Chiesa pensano, invece, che la morale da loro dettata debba essere un abito da far indossare per forza anche a chi ne vorrebbe uno diverso.

(...)

Lei sostiene che ciò è inadeguato, data l'immensità dell'oggetto teologico. Io, più modestamente, affermo che è intollerabile perché contraddice il cardine di ogni democrazia, quello che esclude l'esistenza di "principi non negoziabili" e fonda, al contrario, la possibilità di convivere in pace proprio sulla mediazione: per dirla con parole familiari e nello stesso tempo piene di significato, sul mediare, sul capire le ragioni degli altri, sul venirsi incontro.

(...)

Domanda: come mai la libertà parla lingue così diverse ai confratelli della stessa religione di qua e di là delle Alpi? Azzardo, forse sbagliando, una risposta: la libertà concessa dalla dottrina è direttamente proporzionale alla forza della possibile concorrenza con altre confessioni. In Germania c'è una forte presenza protestante: la Chiesa cattolica ne tiene conto e si adegua. Questo non è bello.

(...)

Se l'accusassero di essere fuori della linea da un punto di vista dottrinale dovrebbero, di conseguenza, farle una specie di processo - beninteso nei limiti che i tempi consentono: niente roghi -, diffidarla e, ove persistesse nel suo errore, prendere provvedimenti che non so bene in che cosa potrebbero consistere, ma sarebbero comunque sgradevoli, anche se non persecutori. In fondo, anche nel caso di Emmanuel Milingo, sacerdote ed esorcista che ne ha combinate di tutti i colori, i provvedimento disciplinari sono stati blandi rispetto a ciò che sarebbe accaduto solo qualche decennio fa. Nei tempi antichi, invece, su questioni teologiche si aprivano scismi e si rischiava di mettere in gioco la propria vita.
Penso che, oggi, la Chiesa cattolica tenda piuttosto a nascondere sotto il tappeto i dissidi in materia di dottrina, parlandone il meno possibile. Oppure a degradarli collocandoli su un piano filosofico, giudicato non solo un livello meno pericoloso, ma anche meno impegnativo. C'è un vizio in questo ragionamento poiché la filosofia è la madre di ogni pensiero organizzato, compreso quello teologico. Ho dalla mia Spinoza, e la compagnia mi conforta.
Trattandola da filosofo, riducendo le sue idee a un argomentare filosofico, la Chiesa cerca di evitare i fastidi e lo scandalo che un provvedimento disciplinare solleverebbe, insieme all'attenzione dei media, ai telegiornali che ne parlerebbero, forse non solo in Italia, e a tutto il resto che sappiamo. Meglio dire che si tratta di filosofia, che non ha mai fatto male a nessuno e della quale pochi ormai s'interessano.

giovedì 17 marzo 2011

Il sesto stato, Iosonouncane

Buoni prossimi 150 anni italiani a tutti noi

martedì 15 marzo 2011

17 tir nel cortile, Verdena



ho visto anche la neve sciogliersi di colpo
ed ora so, ti amo
ho chiesto fin troppo ed ora lo ammetto
mi asciugherò di colpo
e poi sarò contento di nuovo
scolpiscono un cuore di piombo
ci sono cose che pesano, pesano, pesano
ci sono cose che schiacciano

oh no, cresco eppure m’abbasso,
chilometri in giù, chilometri più giù
colpiscono un cuore di piombo
ci sono cose che pesano, pesano, pesano
ci sono cose che schiacciano
colpiscono un cuore di piombo
ci sono cose che pesano

"Ti squamo (storia di un amore screpolato)" di Antonio Rezza

(...)

Ma adesso, dopo aver a lungo ascoltato me medesimo, vedo nel parlare un prolungamento eccessivo del bisogno: faccio esempio pertinente: se ho sete e non parola muovo cenno con la mano avvicinandola alla bocca, e stai pur sicuro che qualcuno di buon cuore e conosciuto mi si presenta col sorriso in volto e la caraffa gorgheggiante into la mano mentre nell'altra cala il bicchiere quasi fosse asso di briscola. Ma se io ho sete e pur parola, tralascio il gesto e urlo "ho sete" con l'ultimo filo di saliva atta a lubrificio di trachea infiammata: il mio interlocutore mi si presenta co' caraffa e recipiente mentre nell'aria fresca ponentina vaga il mio "ho sete" alla ricerca della pace. Pace che mai troverà. Smettiamola di considerare aereo il suono, ogni parola è figlia del fiato, il fiato pesa, soffiando in palloncino esso si gonfia, parlando in un pallone esso si gonfia, parlando in una casa essa si gonfia e scoppia, parlando nelle città, nelle nazioni, intro e fora continente, esso si gonfia e noi non lo vediamo. Non dimentichiamo che il nostro fiato puzza, l'alito indecente è più di una realtà, non inventiamo storie di smog e scappamento, perché l'ozono è bucato e vilipeso da secoli e millenni di parole, di alitate, di sfiatate, di proclami e di urla di dolore. Il mio dolore è nel vedere che una stronzata inquina più del radio attivo.

Ma poi vorrei sapere dove vanno a nascondersi i discorsi dell'umanità, in quale antro remoto essi bivaccano ridendo alle spalle di chi li pensa già scomparsi: sbobiniamo i discorsi delle autorità, dei professori, dei relatori, illudiamoci di cristallizzare l'accaduto: illudiamoci appunto, la parola orale figlia del fiato puzzolente di interiora, figlia dell'alito raccolto sotto le gengive retrattili che nascondono cibo in avaria, la parola puzzolente anche dopo sciacquo disperato, quella parola e tutte altre pronunciate, aleggerà sui nostri capi gonfia ed invisibile, provocando le stagioni, diradandosi per agevolare i freddi venti tramontini, raggrumandosi per dar luogo alle precipitazioni. E quando piove non ripariamoci con ombrelli vani, sta piovendo la saliva nostra, il detto antico si riduce acquetta e torna giustiziere a inzaccherare la pelle di chi lo ha pronunciato.
Sono talmente convinto di non essere capito che faccio un altro esempio: se io mangio male per un mese e per un mese non mi lavo i denti, puzzo nell'alito come nel mio stesso intimo. Se vengo preso e messo in una camera per alitare fino all'ultimo respiro, stai pur certo che la stanza ben presto cambierà l'odore, profumerà di mio, del mio bivacco passato, del mio carente spazzolato. Un miliardo di persone che fiatano contro il cielo generan olezzo, distruggon l'atmosfera: parliamo solo sotto gli alberi, dove la sintesi clorofilliana sarà lo sprono per una nuova sintesi, la nostra, la sintesi estrema, quella ai confini del silenzio: e poi facciamoci coraggio, passiamolo il confine ed accettiamoci con gli occhi. E quando gli occhi avranno rimpiazzato la parola, quando tutti i codici oculari avran sostituito i codici verbali, strappiamo le pupille dalle nostre facce e lasciamole per terra, a guardarci, a fissare un popolo che ancora ha la speranza di capirsi.

lunedì 14 marzo 2011

Nikola Tesla





venerdì 11 marzo 2011

mercoledì 9 marzo 2011

lunedì 7 marzo 2011

"Il paese dell'anima, Lettere 1909-1925" di Marina Cvetaeva

(...)

Io sono una creatura scorticata a nudo, e tutti voi portate la corazza. Tutti voi avete: l'arte, la vita sociale, le amicizie, le distrazioni, la famiglia, il dovere, io, nel profondo, non ho NUL-LA. Tutto cade come pelle, e sotto la pelle carne viva, o fuoco - io: Psiche. In nessuna forma trovo posto - neanche in quella, spaziosissima, dei miei versi! Non riesco a vivere. In me nulla va come negli altri. Riesco a vivere solo in sogno, nei semplici sogni che si fanno di notte: ecco che cado da un quarantesimo piano a San Francisco, ecco l'alba che mi insegue, ecco un estraneo e d'improvviso io lo bacio, ecco che stanno per uccidermi e io spicco il volo. Non sto raccontando favole, io faccio sogni terribili e stupendi, sogni con l'amore, sogni con la morte, è la mia vera vita, senza eventi casuali, tutta fatale, dove tutto si avvera.
Che fare - così fatta - nella vita?! Bacio e - sono già mille miglia lontana, e l'altro si è spostato di un solo millimetro, e, dentro di me: "Non mi ama - è stanco - non è mio - voglio morire". Oh, sempre: morire! per tutto!
E' questo che vi aspettavate? Ed è forse questo che amate quando parlate (ma ne avete veramente parlato?) di amore? Ed è forse possibile amare questo?!

(...)

Poco tempo fa ho bollito nella caffettiera il fondo del fornello a spirito che avevo perso: lo spirito lo facevo bruciare nel coperchio di una scatola di lucido da scarpe. Quando ho finito di bere il caffè ho scoperto quello che avevo perso: il terribile fondo nero del fornello (che è fatto a forma di tazzina). - Che ve ne pare, come decotto? - E non sono morta.
(Dopo una cosa del genere, berrete mai caffè a casa mia?)

Chungking Express







domenica 6 marzo 2011

giovedì 3 marzo 2011

Western eyes, Portishead



Forgotten throes at anothers lie
The heart of love is their only light
Faithless greeds consolidating
Holding down sweet charity

With western eyes and serpent's breath
We lay our own conscience to rest

But I'm aching
At the view
Yes I'm breaking
At the scenes just like you

They have values of a certain taste
The innocent they can hardly wait
To crucify invalidating
Turning to dishonesty

With western eyes and serpent's breath
They lay their own conscience to rest

But then they lie and then they dare to be
Hidden heroes candidly

So I'm aching
At the view
Yes I'm breaking
At the scenes just like you

I feel so cold
On hookers and gin
This mess we're in