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sabato 16 luglio 2011

Scimmie da amare, 1991-2011



Un'idea di AnnaritaFavilla
Montaggio di MadambraPuppets

Thanks to Hiroscimmia per la loro "Scimmie da amare" (da i Like Gazebo Vol. B, Cacca Dischi 2011)

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Brindisi, 25 febbraio 1991 e Bari, 8 agosto 1991
-- 20 ANNI DOPO -
Lampedusa, marzo 2011

Roberto Maroni, Ministro dell'Interno (Lega): «C'è il rischio di una vera e propria emergenza umanitaria. Ci sono cittadini in cerca di protezione, ci sono criminali evasi dalle carceri e personaggi infiltrati da organizzazioni terroristiche come Alqueda nel Maghreb Islam. Una organizzazione che cerca di infiltrare agenti in Europa» ha spiegato il ministro, aggiungendo che il problema verrà posto all'attenzione della Ue anche per i «riflessi sulla sicurezza interna in Europa».

Di seguito alcuni tra i commenti degli utenti ai video degli sbarchi a Lampedusa su yuotube (non ho fatto nessuna particolare selezione, purtroppo i commenti sono tutti su questo genere):

- risolviamo il problema immigrati a Lampedusa. Firmiamo una petizione affinché il Governo ceda Lampedusa alla Tunisia, così ci togliamo dai coglioni questi cazzo di rompicoglioni.

- mandateli indietro perchè qui non c'è trippa per gatti, altrimenti noi italiani chiederemo asilo politico alla tunisia. forse lì verremo più accolti visto che il ns governo non ci tutela sia a lavoro che a diritti vari.

- Non c'è posto per questa gente in Europa.

- Il cuore è un "accesso" ma la ragione è la "MISURA",ed io credo che la cittadella Europa sia oggi una storica CALAMITA per le civiltà del mondo non-sviluppato. Mi ricorda la rivoluzione industriale ed il rapporto Città-Campagne. Ma la Storia non si ripete, e la RAGIONE deve essere Misura. Le DEMO-proporzioni prevedibili nel tempo, dell'impatto europeo con le "periferie" etno-satellitari - ricordo che l'Italia ha 299 ab.per kmq - sono fuori ogni "MISURA" ed è bene che lo comprendiamo da subito!

- dovè il napalm quando serve?

- Ma come, prima manifestano per la democrazia e quando la ottengono scappano??? Ma scappano da che cosa??? Secondo me vengono in Italia solo per spacciare droga e stuprare, ricacciamoli a calci in culo in Africa e subito!

‎- dato che loro ci invadono,,,facciamo la stessa cosa anche noi. invadiamo la libia e becchiamoci il loro petrolio,,,,,per lo meno pagheremo 20 centesimi al litro la benzina di merda che e tremonti cela fanno pagare 1,65 al litro ....ladriiiiiii !!!!
I musulmani sono solo buoni a portare casini nella nostra nazione. Una societa' sepolta nell' inmomdizia dell' inmoralita' e della perversione: porci che camminano e non raggionano, se non sul come fregare il propio simile e sulla marca da drinketto da scolari. Non ci sono musulmani buoni ma solo furbi.

- Scusate ma se siamo tutti d'accordo a mandarli a fare in culo perchè i politici non fanno quello che vuole la gente? Hanno fatto la loro bella rivoluzione del cazzo per la libertà e poi scappano....Dico che sinistra, destra, e lega ci stanno prendendo per il culo...perchè a Malta se vedono un barcone gli sparano e noi no? Ribelliamoci!

- tunisini codardi. hanno la possibilità di costruire la democrazia nel loro paese e invece scappano. TUNISINI CODARDI!

- tutta ciccia x gay. si salvi ki può !!

- oggi anno gia iniziato a lamentarsi...LAMENTARSIIII​I!!!¬! allora perche non tornate la da dove siete arrivati? loro scappano dalla guerra ma dico LA PORTERANNO QUI dA NOI LA GUERRA perche è nel loro modo di fare e sempre lo faranno...

- ELIMINAZIONE!!

- Mandateli a Fanculo al loro paese a calci in culo! che gia di delinquenti ne abbiamo abbastanza!!!! e se noi andiamo nei loro paesi ci fanno la pelle!!!! Italia popolo di ignoranti e Leccaculi!

- no guarda io direi di aprire un lagher e bruciarli vivi tutti, così nn ci disturbiamo neppure a rimandarli indietro ke ne dici??

- fuciliamoli sti bastardi islamici maomettiani pedofili e buttiamogli un belconfetto atomico a sti cazzo di inzivuzi

- Sparategli ai barconi Ca**o!!! Ma che credono di trovare qui in Italia??? Ma quanto rincoglioniti siamo!!! Italia, inizi a schifarmi sempre di più!!! Sono degli animali!!! E in più l'Italia gli ha consegnato delle villette a schiera per accoglierli!!! Spero entro breve succeda qlc di grosso contro sto schifo!!! Voglio essere presente al cambiamento!!!

migrantiiiiii...PRRRRRRRRR​RRRR¬RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR​RRRRRRRRR-RRRRRRRRRRRRRRRR​RRRRRRRRRRRRRR-RRRRRRRRRRR​RRRRRRRRRRRRRRRRRRR-RRRRRR​RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR-R​RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR​RRR-RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR​RRRRRRRR-RRRRRRRRRRRRRRRRR​RRRRRRRRRRRRR¬RRRRRRRRRRRR​RRRRRR

- alle donne di quella razza..andate a sgravare a fanculo voi e i vostri figli

- La povertà dunque si è generata negli ultimi giorni.....Guarda , vai a farti benedire dalla Caritas che è l' unica , insieme a te che apprezza questi animali . Imbecille.

mercoledì 29 giugno 2011

Sfiorarsi e non affrettarsi, Pierre Sansot

La lentezza non costituisce un valore in sé. Dovrebbe permetterci di vivere dignitosamente in compagnia di noi stessi senza disperderci in progetti inutili. Quello di cui stiamo parlando non è dunque il tempo necessario a compiere il nostro dovere: poco importa se riusciamo a portarlo a compimento più o meno in fretta. A una visione in qualche modo orizzontale sostituiamo un approccio verticale: in questo caso il livello di impegno che mettiamo in ciò che ci si presenta. Ci ripromettiamo di sfiorare quanto ci circonda invece di afferrarlo al volo. Allora le persone ci offriranno la loro vera essenza, ciò che accettano di essere, procedendo verso di noi con la loro personale andatura, qualche volta veloce e qualche volta lenta.
Sono stato bambino durante la guerra. Ho conosciuto le cosiddette "privazioni": non venivo lasciato senza il dolce per una birichinata, quello che mancava era il pane, il latte, la carne, l'elettricità, la libertà. Quando i tedeschi sono stati costretti a tornare in Germania, mi sono gettato su ogni sorta di cose come dopo un lungo digiuno. Andavano di moda i cineclub, ci rimpinzavamo di film e di analisi critiche, qualche volta militanti, sui film. Ci mangiavamo intere baguette. Provinciale, sono andato a studiare nella capitale. Giravo per ore intere Parigi in metrò, da una linea all'altra, sgranando con gioia le stazioni che formavano per me un rosario di nomi illustri. Bastava che un nome fosse stato attribuito a una stazione del metrò per godere ai miei occhi di una fama eccezionale.
A dire la verità non visitavo la città zona per zona, aiutandomi con una piantina. Non ero così antipatico. Ma mi comportavo come un occupante, potevo tenere in mano o a memoria i venti arrondissements di Parigi.
Ho imparato a essere discreto. Ho ammesso l'ignoranza che un preteso sapere aveva promesso di diminuire. Sono apparse delle zone d'ombra. Parigi si è oscurata.
Ho avuto la delicatezza di conoscere una città, un quartiere, attraverso il suo canto, una persona dall'inflessione della voce, un albero dalla sua ombra. Ho capito che l'altro lato delle cose mi sarebbe sempre sfuggito, qualunque cosa facessi. Ma allora, come bisogna comportarsi e quali modelli, quali astuzie culturali bisogna adottare?
Camminare in punta di piedi per non interrompere una conversazione, per non disturbare il sonno di un bambino. Gli umili se ne vanno da un giardino pubblico come dalla vita, in punta di piedi. Tenere gli occhi bassi, non per prudenza o paura, ma perché non bisogna squadrare le persone in modo maleducato. C'è sempre una certa sfrontatezza nel guardare qualcuno dritti in viso.
Gli occhi semichiusi dopo una gran mangiata, in segno di soddisfazione, per non turbare la gioia della digestione, per fingere beatitudine perché siamo pieni da scoppiare delle vettovaglie offerte e ingerite.
Sonnecchiare, non prestare attenzione a un mondo che non la merita, ma non piombare comunque nelle tenebre dell'incoscienza. Restare nel dormiveglia. La testa penzolante, le mani sulla pancia, la bocca socchiusa, tutto il nostro corpo arreso alla libertà in una posizione che uno sguardo malevolo definirebbe ridicola.
L'uomo e la sua ombra: che cosa c'è di più banale, di più spiegabile con l'aiuto del sapere delle scienze umane? Preferirei essere il primo della nostra specie a essere "un uomo e la sua penombra".
Io lo sfioro e l'altro non si rende neppure conto di essere stato toccato in modo impercettibile. Bisogna comunque che stabilisca un contatto, anche furtivo, senza il quale non potrei provare la più deliziosa delle sensazioni.
Sto in disparte, mi defilo. Non credo comunque di dare prova di vigliaccheria. Le mie piroette, le mie finte richiedono una grande abilità. Se il mio partner è abbastanza intelligente, si presta al gioco, anticipa o crede di anticipare le mie ritirate. Ed è così che, grazie alla mia capacità di mantenere le distanze, possiamo unire le nostre vite.
Ho girato tutto il Sudovest della Francia. Non cercavo pale d'altare, fattorie riattate, castelli. Sentivo le palle da tennis sfiorare il terreno al circolo di ogni cittadina. A quel tempo si giocava sulla terra battuta. Evitavo di andare al circolo. Indovinavo a orecchio un servizio o un rovescio tagliati, un diritto liftato, una smorzata. Immaginavo il candore dei vestiti. Dopo aver ascoltato quella musica discreta e deliziosa mi concedevo un pasto di classe o abbondante sulle rive di uno dei miei fiumi.
Un modo di starsene in disparte che non ha alcun rapporto con il malumore, ma indica piuttosto una certa indifferenza. Le labbra di una donna imbronciata sbocciano come un fiore, diventano rosse e carnose. Un volto, come l'oceano, deve sottostare a continui capricci.
"Quando lo prendo tra le braccia" il ritornello dovrebbe finire qui. Quel gesto di tenerezza basta a se stesso e la voce di Edith Piaf riempie il mondo.
A fior di labbra, come se le labbra fossero un fiore. Parlare in questo modo è forse un segno di maleducazione, ma indica anche il desiderio di non impadronirsi dell'attenzione dell'altro, di lasciare intendere che quello che si potrebbe dire in più non è poi così importante.
"Ventre vuoto non sente ragioni." Questa non è la condizione di chi spilluzzica. Significa rifiutarsi di lappare, eppure è bello mangiare un frutto a morsi e dissetarsi con qualche bel bicchiere di vino fresco.
Parlare per mezze parole. Le parole intere (integre) sono troppo grosse, grossolane, bisognerebbe dividerle in quarti, in ottavi di parola. Così diventerebbero particelle di significato.
"Mi dice parole d'ogni giorno", senza temere stupidamente la banalità, come i falsi intellettuali, i preziosi. Le parole comuni sono più ricche perché hanno girato per le strade e nelle case. Per esempio, in caso di disgrazia diciamo "Mio Dio, mio Dio" e per dirlo non c'è bisogno di aver fede. Invece di dimostrare a un amico che sta sbagliando, dirgli semplicemente "Hai torto". Oppure, in caso contrario, "Forse hai ragione". E davanti alla collera di una persona amata: "Mi addolori".
"Hanno troppo da fare per sognare." Così sono i ragazzini troppo docili o le persone troppo zelanti: non osano svignarsela, prendere la porta e andarsene a zonzo.
L'acqua stagnante non gode di buona fama. Velenosa, fetida, ripugnante. Ma a me sembra infinitamente superiore a quell'acqua continuamente riciclata, piena di cloro, che non ci verrebbe mai in mente di toccare, di bere e che, al limite, non vediamo neppure.
Il fascino del passato. Non possiamo più cambiarlo e non mette in agitazione il nostro corpo perché non presenta più pericoli. Questo vale per esempio per l'anteguerra che ci sembra così lontano e a cui facciamo quasi fatica a credere tanto ci pare cieco e stravagante. Ma i nostri contemporanei riattivano il passato e ne temono talmente l'assenza che lo inseriscono per forza nel ciclo della vita.
Non bisogna origliare dietro le porte, non per discrezione ma perché, così facendo, diamo troppa importanza a parole che non sono destinate a noi. Per la stessa ragione non dobbiamo far finta di non sentire o cascheremo dritti nella trappola che volevamo evitare. Bisogna invece fingere di ascoltare e ottenere così pace e felicità.
Avere la fortuna di catturare qualche briciola di conversazione, per caso, in un giardino pubblico, attraverso cespugli che ci nascondono a quelli che stanno parlando. La ghiaia ha la stessa qualità. Grazie a lei sentiamo avvicinarsi i passanti che, senza volere, fanno rumore camminando. I nostri architetti oggi sostituiscono i viali ricoperti di ghiaia con viali asfaltati e i nostri passi sprofondano nel nulla.
Ho sognato di essere abbastanza ricco da andare a morire in Svizzera. Là speravo di sfuggire all'agonia. Sarei stato una luce che si spegne. Ogni giorno, un'infermiera devota mi avrebbe portato a spasso sulla sedia a rotelle e una sera avrei avuto la certezza di vedere per l'ultima volta il lago e le luci sull'altra riva.
Canticchiate. Lasciate ai più dotati la fortuna di cantare alla Scala di Milano. I Don Giovanni dell'opera sono molto spesso Don Giovanni da operetta. Canticchiate come gli apprendisti pasticcieri, le sartine, i soldati in licenza.
Smorzate il vostro sorriso non appena è sorto. Altri rideranno a crepapelle, o meglio, fino a perdere ogni dignità. Oppure, se così vi dice il cuore, sbellicatevi dalle risa, fino a far esplodere i vetri, le maschere delle persone importanti, i rifugi dei potenti.
Ai giardini, per allontanare gli importuni, portate con voi un breviario e fingete di leggerlo, anche se nessuno oggi saprà distinguerlo dal romanzo che ha vinto l'ultimo premio Goncourt e neppure da un tascabile.
Non vogliamo più svenire, anzi, va di moda essere pieni di forze. I nostri vecchi per una disgrazia o una difficoltà svaporavano in una momentanea inesistenza e nella maggior parte dei casi trovavano braccia pronte ad accoglierli.
Quando cerchiamo di conoscere noi stessi viene il momento in cui il fango affiora in superficie. Ditevi allora che si tratta di un'impresa vana e che il soggetto non esiste. Fate piuttosto attenzione a tutte le marionette che compongono il vostro personaggio. Divertitevi a maneggiarle con maggiore abilità. Sistemate meglio il cappello di una di esse, il giustacuore dell'altra. Rallegratevi di poter disporre di un teatro così ricco.
Luoghi molto diversi tra loro mi hanno permesso di calmare i sensi e di non ingozzarmi di vita come un bruto. Quand'ero collegiale, l'infermeria, una volta adulto, l'ospedale, le cappelle nei pomeriggi vuoti, le sale cinematografiche nel mese di agosto, le grotte, purché non vi siano archeologi o speleologi in giro, le foreste, profonde come cattedrali.
Per far nascere la luce in me avevo deciso tutta una serie di cose da evitare. Questo mi permetteva di non incappare in incontri sgraditi e, in realtà, qualunque incontro mi era sgradito. Sono ormai lontani i tempi in cui le vecchie biblioteche di provincia, i dipartimenti più poveri, i musei ci permettevano di respirare a nostro agio, senza essere importunati dal fiato di un altro visitatore.
Ai giardini, dobbiamo mantenere la possibilità di vivere la nostra vedovanza. Siamo sposati e non desideriamo la morte del coniuge. Ci occupiamo dei nostri figli, aiutiamo il più piccolo negli esercizi di matematica, organizziamo il viaggio in Inghilterra della minore. In queste condizioni è difficile mettere la nostra anima a mezz'asta, portare il lutto per gli anni trascorsi, guardare il corteo funebre degli inconsolabili. Quel giardino, con le sue barriere, ce lo permette. Incrociamo altri esseri sperduti, ci scambiamo i nostri dolori.
Ho sognato un mondo improbabile? Come potrei oggi creare uno spazio adatto a me? Una principessa russa può ancora morire di languore in Crimea?
Quando mi capita di riflettere non gioco a fare l'intellettuale. Divento pensoso. I concetti si disperdono in fretta, a causa delle metafore e di strane mescolanze tra l'alto e il basso. Spalanco l'anima per accogliere miriadi d'immagini. Mi sento vicino al pastore che, da un alpeggio, osserva una notte d'estate. Prendo atto dell'immensità e della dispersione di ciò che ha un qualche significato e rinuncio a una navigazione incerta, molto al di sopra dei miei mezzi.

da "Sul buon uso della lentezza - Il ritmo giusto della vita", Il Saggiatore 1998

Aldo Busi, E.A. POE-METTO 6

Mi calmano le parole interiori dei due in me
e le sedie basse di paglia nel sibilo
del mattino mentre l'alloro fa la sua parte
e le ossa scendono a un compromesso per sostenermi;
mi calma la roccia scalata e lo spino nel piede,
il gonfiore degli intestini e la ristrettezza di vedute
guardando la marina, si fa per dire, immensa;
vecchie false bionde vivono fintoignare che coi soldi
possono comprarsi la gioventù degli uomini giovani,
perché non sganciano finché sono in tempo?
perché insistono per essere amate per la personalità
con cui si spalmano gli antisolari, per la sapienza superiore
con cui luccicano come bufale di ottone?
Se guardo bene la natura del mare,
vedo che siamo sempre allo stesso punto
di mediocre infinito: padroni ex schiavi
e schiavi che s'inchinano per diventare padroni.
A nessuno viene in mentre fra i corbezzoli e il cisto
che è sempre la stessa questione sentimentale in ballo:
l'iniqua distribuzione della ricchezza sociale,
i troppi cappelli da spiaggia, le troppe creme dell'una
e i troppi teli e occhiali e noci di cocco sulla schiena
del piccolo ambulante saracino.
Stupidità dei possessori di barche!
la faccia di culo della cosiddetta bela gente! c'è più vita
nel mio rintanarmi ad elastico dentro e fuori il mio guscio
che in questi riti fissi di chi esce per divertirsi.
Inaccettabilità di ciò che ce l'ha fatta a esistere!
mostruosità di chi è riuscito a vivere!
Resta il malessere della notte,
quando la belva amorosa che dorme nella mia persona
sfugge al mio controllo e si abbevera ai luoghi comuni
di chi trova in un altro essere umano un suo compendio,
ma di giorno sto molto bene, non mi manca niente,
non vorrei davvero mai una sola immagine che la mente
prospetta di notte sperando di costringermi a un rimpianto
che non ci sarà mai, anche se a tratti brevissimi
mi dispiace di essere guardato come vorrei esserlo,
in un certissimo modo, solo dalla linea dell'orizzonte
sotto le palpebre dell'aria.
E mentre filo sentimenti sinceri un po' ridicoli
non perdo d'occhio che non ho quasi più capelli
per proteggermi lo scalpo nudo né che l'età, se niente conta
in amore, molto conta e ancor più detrae dalle possibilità
di desiderio d'amore rimasto.
Ma fa niente, questo è stato il mio bel niente
di niente, queste le parole, queste le azioni del mio niente,
non ho mai pensato che vivere servisse a vivere
e nessuna legge del contrappasso verrà ad abbattersi su di me
perché allora sarebbe costretta a darmi qualcosa,
non a togliermela, perché in ciò che succede sul finestrone,
che pure io creo, in questo tempo, che pure io scandisco,
io non ho parte, come un dio o un animale
mai esistito e già morto o lo spirito vagante di una nuvola
che non passa in questo riquadro
che nessuno degli astanti sula terra incornicia
per dirmi chi ero, che c'ero
e che sono stato puntuale
nella retina dei suoi occhi e non confuso,
non scambiato, non costretto a fingere
contorni e volumi e colori che non possiedo,
che ero io dentro questo cielo fuori da quel sole
intorno a questo tempo, e che non ho fatto piagnistei
da letterato sull'amore meritato ma mancato
troppo tardi per tentare il numero
della compassione.
Nessuno ha mai sentito distintamente
il mio grido di rabbia, mentre io di molti ho percepito
anche il borbottio del falso pudore,
ma vorrei che fosse chiaro che la mia rabbia
non è né nuova né recente né verseggiata,
che il mio orgoglio mi ha mangiato inesorabilmente,
ma non ho l'orgoglio nei confronti degli altri, ma fra me e
la mia idea di me,
per farmi fuori lentamente, per assaporarmi meglio
nel sapore di un mio sangue
più d'altrui che se fosse solo d'altri.
Io ho sempre gridato così, anche in età non col sospetto
del vecchio incattivito: che la mia nuvola sia sfilacciata
non conta, perché mai ho temuto di dissolvermi
e venire risucchiato da temporali già stati
neppure quando solcavo meraviglioso
questa pellicola atmosferica chiamata bi-sogno di te.
Ecco cosa volevo fare prima delle 5:
un viaggio temerario nei sogni evaporati
stanotte dalle stanze da letto degli uomini e delle donne,
distillarne l'essenza e metterci dentro anche la mia
rifrangenza
senza farglielo sapere,
perché non sappiano di portare dentro anche me
nel loro film di giornata quando
amando per scherzo verranno riamati per davvero,
quando, sciolte le tensioni e le resistenze, si accarezzeranno,
e quando, di nuovo domani mattina, svegliandosi
sapranno immediatamente a chi dedicare il primo pensiero,
chi, guardati, guardare, perché io non l'ho mai saputo
o non ricordo più, come i più, com'è tanta dolcezza di
pensiero
e che sapore ha l'aria quando la baci
fattasi per te maschio o femmina, carne della tua fame,
midollo della tua sete, pelle del tuo tatto, odore
del tuo olfatto, specchio del tuo bisogno,
io del tuo io.
Buona giornata, o riquadri esultanti di un'umanità
che non avreste se non ve la dessi io, o bei niente del mio
cuor!
Il nulla è come me, pertanto come l'amore è uno stato della
materia come un altro.
E sì: alla marina immensa preferirò sempre
la marina militare,
anche se sono diventato
acqua pensante
l'uomo che mi nuota dentro.

mercoledì 25 maggio 2011

You make it easy, Air



" Never been here - How about you ? "
You smile at my answer,
You've given me the chance,
To be held and understood.
You leave me laughing without crying,
There's no use denying,
For many times I've tried,
Love has never felt as good.
Be it downtown or way up in the air,
When your heart's pounding,
You know that I'm aware.
You make it easy to watch the world with love,
You make it easy to let the past be done,
You make it easy.
How'd you do it ? How'd you find me ?
How did I find you ?
How can this be true ?
To be held and understood.
Keep it coming - no one's running
The lesson I'm learning
'Cause blessings are deserved
By the trust that always could
Be it downtown or way up in the air,
When your heart's pounding,
You know that I'm aware.
You make it easy to watch the world with love,
You make it easy to let the past be done,
You make it easy.
You make it easy to watch the world with love,
You make it easy to let the past be done,
You make it easy.
New star in the sky
My baby blue is a new star,
In the sky,
The world the world the world the world,
Just for you for nobody else.

venerdì 8 aprile 2011

Stella distante, Roberto Bolano

C'era una volta un povero bambino cileno... Il bambino si chiamava Lorenzo, credo, non ne sono sicuro, e ho dimenticato il suo cognome, ma più di uno se ne ricorderà, e gli piaceva giocare e salire sugli alberi e sui pali dell'elettricità. Un giorno salì su uno di quei pali e si prese una scarica così forte che perse entrambe le braccia. Gliele dovettero amputare quasi all'altezza delle spalle. Sicché Lorenzo crebbe in Cile e senza braccia, il che rendeva di per sé la sua situazione piuttosto critica, ma in più crebbe nel Cile di Pinochet, il che trasformava qualsiasi situazione critica in disperata, ma questo non era tutto, perché ben presto scoprì di essere omosessuale, il che trasformava la situazione disperata in inconcepibile e inenarrabile.
Con tutti questi condizionamenti non fu strano che Lorenzo divenisse un artista.(Cos'altro avrebbe potuto essere?). Ma è difficile essere un artista nel Terzo Mondo se si è poveri, non si hanno le braccia e inoltre si è finocchi. Sicché Lorenzo si dedicò per qualche tempo a fare altre cose. Studiava e imparava. Cantava per le strade. E si innamorava, perché era un romantico impenitente. Le sue delusioni (per non parlare di umiliazioni, spregi, ingiurie) furono terribili e un giorno - giorno segnato da una pietra bianca - decise di suicidarsi. Una sera d'estate particolarmente triste, mentre il sole calava dietro l'Oceano Pacifico, Lorenzo si buttò in mare da uno scoglio usato esclusivamente dai suicidi (e che non manca mai in ogni tratto di litorale cileno che si rispetti). Colò a picco come una pietra, con gli occhi aperti, e vide l'acqua sempre più nera e le bolle che gli uscivano dalle labbra e poi, con un involontario movimento delle gambe, risalì a galla. Le onde non gli permisero di vedere la spiaggia, solo gli scogli e in lontananza gli alberi di alcune imbarcazioni da diporto o da pesca. Poi colò di nuovo a picco. Neppure questa volta chiuse gli occhi: mosse la testa con calma (la calma di chi è anestetizzato) e cercò con lo sguardo qualcosa, qualsiasi cosa, purché fosse bella, per trattenerla nell'istante finale. Ma il nero velava qualsiasi oggetto scendesse con lui verso le profondità e non vide nulla. La sua vita allora, così come ricorda la leggenda, sfilò davanti ai suoi occhi come un film. Alcuni pezzi erano in bianco e nero e altri a colori. L'amore della sua povera madre, l'orgoglio della sua povera madre, le fatiche della sua povera madre che lo abbracciava di notte quando tutto nelle borgate povere del Cile sembra essere sospeso a un filo (in bianco e nero), i terremoti, le notti in cui orinava nel letto, gli ospedali, gli sguardi, lo zoo degli sguardi (a colori), gli amici che spartiscono il poco che posseggono, la musica che ci consola, la marijuana, la bellezza rivelata in posti inverosimili (in bianco e nero), l'amore perfetto e breve come un sonetto di Gòngora, la certezza fatale (ma rabbiosa dentro la fatalità) che si vive solo una volta. Con improvviso coraggio decise che non sarebbe morto. Dice di aver detto adesso o mai più e che tornò in superficie. L'ascesa gli sembrò interminabile; tenersi a galla, quasi insopportabile, ma ci riuscì. Quella sera imparò a nuotare senza braccia, come un'anguilla o come un serpente. Uccidersi, disse, in questa circostanza sociopolitica, è assurdo e ridondante. Meglio trasformarsi in un poeta segreto.
A partire da allora cominciò a dipingere (con la bocca e con i piedi), cominciò a ballare, cominciò a scrivere poesie e lettere d'amore, cominciò a suonare strumenti e a comporre canzoni (una foto ce lo mostra mentre suona il piano con le dita dei piedi; l'artista guarda l'obiettivo e sorride), cominciò a risparmiare denaro per andarsene dal Cile.
Dovette faticare ma alla fine riuscì ad andarsene. La vita in Europa, naturalmente, non fu molto più facile. Per un certo tempo, forse anni (sebbene Lorenzo, più giovane di me e di Bibiano e assai più giovane di Soto e Stein, si fosse allontanato dal Cile quando la valanga dell'esilio era diminuita), si guadagnò da vivere come musicista e ballerino per le vie dell'Olanda (che adorava) e della Germania e dell'Italia. Viveva in pensioni, nelle zone della città in cui vivono gli emigrati magrebini o turchi o africani, per qualche stagione felice in casa di amanti che finiva per lasciare o viceversa, e dopo ogni giornata di lavoro nelle strade, dopo le soste in bar gay o le proiezioni ininterrotte nei cinema d'essai, Lorenzo (o Lorenza, come gli piaceva pure essere chiamato) si rinchiudeva nella sua stanza e si metteva a dipingere o a scrivere. In molti periodi della sua vita visse da solo. Alcuni lo chiamavano l'acrobata eremita. Gli amici gli domandavano come si puliva il culo dopo essere andato al cesso, come pagava dal fruttivendolo, come riponeva il denaro, come cucinava. Come, in nome di Dio, ce la faceva vivere da solo. Lorenzo rispondeva a tutte le domande e la risposta, quasi sempre, testimoniava il suo ingegno. Con un po' di ingegno uno si arrangiava a fare qualunque cosa. Se Blaise Cendrars, tanto per citare un esempio, con un solo braccio poteva vincere a cazzotti il pugile più tosto, come poteva lui non essere capace di pulirsi - e benissimo - il culo dopo aver cagato?
In Germania, terra curiosa ma che spesso faceva venire i brividi, si comprò delle protesi. Sembravano braccia vere e gli piacquero più che altro per la sensazione da fantascienza di essere un robot, di sentirsi ciborg che aveva quando camminava con le protesi applicate. Visto da lontano, per esempio mentre avanzava incontro a un amico sullo sfondo di un orizzonte viola, sembrava che avesse davvero le braccia. Ma se le toglieva quando lavorava per strada e ai suoi amanti, quelli ignari che si trattava di protesi, per prima cosa diceva che gli mancavano le braccia. Ad alcuni, addirittura, piaceva di più così, senza braccia.
Poco prima delle grandi Olimpiadi di Barcellona, un attore o un'attrice catalana o un gruppo di attori catalani in viaggio per la Germania lo videro lavorare in strada, forse in un piccolo teatro, e lo raccontarono alla persona incaricata di trovare chi personificasse Petra, il personaggio di Mariscal e mascotte o forse più precisamente emblema delle gare paraolimpioniche che vennero fatte subito dopo. Dicono che quando Mariscal lo vide inguainato nel vestito di Petra, che sgambettava come un ballerino schizofrenico del Bolscioi, disse: è la Petra dei miei sogni. (Dicono che Mariscal sia sempre così conciso). In seguito, quando parlarono, un Mariscal affascinato offrì a Lorenzo il suo studio affinché si trasferisse a Barcellona a dipingere, a scrivere, a fare quello che voleva. (Dicono che sia sempre così generoso). In realtà, Lorenzo o Lorenza non aveva bisogno dello studio di Mariscal per essere più felice di quanto lo fu durante le celebrazioni dei Giochi Paraolimpionici. Dopo il primo giorno divenne il favorito della stampa, le interviste fioccavano, sembrava che Petra stesse eclissando lo stesso Coby. In quel periodo io ero ricoverato col fegato ridotto a pezzi e venivo a conoscenza dei suoi trionfi, delle sue battute, dei suoi aneddoti, leggendo due o tre giornali quotidianamente. A volte, leggendo le sue interviste, mi venivano accessi di risa. Altre volte mi mettevo a piangere. Lo vidi pure alla televisione. Faceva benissimo la sua parte.
Tre anni dopo venni a sapere che era morto di AIDS. La persona che me lo disse non sapeva se in Germania o in Sudamerica (non sapeva che fosse cileno).
A volte, quando penso a Stein o a Soto non posso evitare di pensare anche a Lorenzo.
A volte credo che Lorenzo sia stato un poeta migliore di Stein e di Soto. Ma di solito quando penso a loro li vedo tutti insieme.
Anche se l'unica cosa che li unisce è la circostanza di essere nati in Cile. E un libro che forse lesse Stein, che di sicuro lesse Soto (ne parla in un lungo articolo sull'esilio e sull'erranza pubblicato in Messico) e che lesse pure, entusiasta come quasi ogni volta che leggeva qualcosa (come girava le pagine?, con la lingua, come dovremmo fare tutti!), Lorenzo. Il libro si intitola Ma gestaltthérapie e il suo autore è il dottor Frederick Perls, psichiatra, fuggiasco dalla Germania Nazista e vagabondo per tre continenti. In Spagna, che io sappia, non è stato tradotto.

lunedì 7 marzo 2011

Chungking Express







giovedì 3 marzo 2011

Western eyes, Portishead



Forgotten throes at anothers lie
The heart of love is their only light
Faithless greeds consolidating
Holding down sweet charity

With western eyes and serpent's breath
We lay our own conscience to rest

But I'm aching
At the view
Yes I'm breaking
At the scenes just like you

They have values of a certain taste
The innocent they can hardly wait
To crucify invalidating
Turning to dishonesty

With western eyes and serpent's breath
They lay their own conscience to rest

But then they lie and then they dare to be
Hidden heroes candidly

So I'm aching
At the view
Yes I'm breaking
At the scenes just like you

I feel so cold
On hookers and gin
This mess we're in

venerdì 7 maggio 2010

fight the real enemy



Sinead O'Connor al Saturday Night Live, ottobre 1992

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