sabato 2 aprile 2011

Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf (I)

La vita, per ambedue i sessi - e li guardai che si facevano strada a fatica lungo il marciapiede - è ardua, difficile, una lotta senza fine. Richiede un coraggio e una forza giganteschi. Più di ogni altra cosa forse, per creature dell'illusione quali noi siamo, essa richiede fiducia in se stessi. Privi di fiducia in noi stessi siamo come neonati nella culla. E allora come possiamo fare a generare, nel più breve tempo possibile, questa qualità imponderabile e al tempo stesso così inestimabile? Pensando che gli altri sono inferiori a noi. Sentendo di possedere qualche forma innata di superiorità - che si tratti di ricchezza o di rango sociale, di un naso dritto o del ritratto di un nonno a firma di Romney - perché non c'è fine ai patetici stratagemmi della fantasia umana. Da qui deriva, per un patriarca che è costretto a conquistare, che è costretto a governare, l'enorme importanza di sentire che moltissime persone, addirittura metà della razza umana, sono per natura inferiori a lui. Deve essere davvero una delle principali fonti del suo potere. Ma permettetemi di rivolgere la luce di questa osservazione sulla vita reale, pensavo. Può aiutare a spiegare alcuni di quegli enigmi psicologici che attirano la nostra attenzione ai margini della vita quotidiana? Basta questo a spiegare lo sbalordimento che ho provato, l'altro giorno, quando Z, l'uomo più umano e modesto che si sia, dopo aver preso in mano un libro di Rebecca West e averne letto un passo, aveva esclamato "Sfacciata di una femminista! Dice che gli uomini sono degli snob!". Questa esclamazione, per me sorprendente - perché mai Rebecca West avrebbe dovuto essere una femminista sfacciata per aver fatto un'affermazione probabilmente vera anche se poco lusinghiera, circa l'altro sesso? - non era solo il grido della vanità ferita; era una protesta contro qualche infrazione alla sua capacità di credere in se stesso. Per secoli le donne hanno avuto la funzione di specchi dal potere magico e delizioso di riflettere la figura dell'uomo ingrandita fino a due volte le sue dimensioni normali. Senza quel potere la terra forse sarebbe ancora tutta giungla e paludi. Le glorie di tutte le nostre guerre sarebbero sconosciute. Staremmo ancora a graffiare la sagoma di un cervo sui resti di ossa di montone e a barattare selci con pelli di pecora o con qualsiasi semplice ornamento attraesse il nostro gusto non sofisticato. Non sarebbero mai esistiti Superuomini né Figli del Destino. Lo Zar o il Kaiser non avrebbero mai portato corone sul capo né le avrebbero perdute. Quale che sia l'uso che se ne fa nelle società civili, gli specchi sono indispensabili ad ogni azione violenta ed eroica. E' questa la ragione per la quale sia Napoleone che Mussolini insistono con tanta enfasi sull'inferiorità delle donne, perché se queste non fossero inferiori, verrebbe meno la loro capacità di ingrandire. Ciò serve a spiegare in parte la necessità che tanto spesso gli uomini hanno delle donne. E serve anche a spiegare perché gli uomini diventano così inquieti quando vengono criticati da una donna; e come sia impossibile per una donna dire loro questo libro è brutto, questo dipinto è debole, o qualunque altra cosa, senza procurargli molto più dolore e suscitare molta più rabbia di quanta non ne susciterebbe un uomo che facesse la stessa critica. Perché se lei comincia a dire la verità, la figura nello specchio si rimpicciolisce; la capacità maschile di adattarsi alla vita viene sminuita. Come farebbe lui a continuare a esprimere giudizi, a civilizzare indigeni, a promulgare leggi, a scrivere libri, a vestirsi elegante e pronunciare discorsi nei banchetti, se non fosse più in grado di vedere se stesso, a colazione e a cena, ingrandito almeno due volte la sua stessa taglia?
A questo pensavo, mentre riducevo il pane in briciole e giravo il caffè e di tanto in tanto guardavo la gente che passava per strada. Vedersi nello specchio ha un'importanza suprema perché carica la loro vitalità; stimola il loro sistema nervoso. Toglietegliela e l'uomo potrà morirne, come un drogato privo della cocaina. Soggiogate dall'incantesimo di quella illusione, pensavo guardando fuori dalla finestra, metà delle persone che camminano per la strada se ne vanno di buon passo a lavorare. Illuminati dai suoi piacevoli raggi, la mattina indossano cappello e cappotto. Cominciano la giornata fiduciosi, rinvigoriti, convinti di essere desiderati al tè della signorina Smith; e mentre fanno il loro ingresso nella stanza dicono a se stessi: Sono superiore a metà delle gente che è qua dentro; ed è per questo che parlano con quella sicurezza di sé, con quella fiducia in se stessi che hanno avuto conseguenze tanto profonde sulla vita pubblica mentre provocano delle bizzarre annotazioni ai margini delle mente privata.

1928

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