domenica 3 aprile 2011

Una stanza tutta per sè, Virginia Woolf (II)

C'è in noi un istinto profondo, benché irrazionale, a favore della teoria secondo la quale l'unione dell'uomo e della donna crea la massima soddisfazione, la più completa felicità. Ma la vista di quelle due persone che salivano sul taxi e la soddisfazione che questo mi dava mi inducevano anche a chiedermi se nella mente esistano due sessi che corrispondono ai due sessi nel corpo, e se anche questi devono unirsi per giungere alla completa soddisfazione e felicità? E da dilettante mi provai a disegnare una mappa dell'anima secondo la quale in ciascuno di noi dominano due forze, una maschile e una femminile; e nel cervello dell'uomo l'uomo predomina sulla donna, e nel cervello della donna la donna predomina sull'uomo. La condizione più normale e più appagante è quella nella quale i due vivono insieme in armonia, cooperando spiritualmente. Nell'uomo, la parte femminile del cervello deve comunque avere effetto; e anche la donna deve entrare in rapporto con l'uomo che è in lei. Forse Coleridge intendeva proprio questo quando diceva che la mente grande è androgina. Ed è quando ha luogo questa fusione che la mente è del tutto fertile e può fare uso di tutte le sue facoltà. Forse una mente che sia interamente maschile non è in grado di creare, proprio come una mente che sia interamente femminile, pensavo. Ma sarebbe bene verificare che cosa si intende con maschile-femminile e, viceversa, con femminile-maschile, fermandoci a sfogliare un libro o due.
Quando diceva che la mente superiore è androgina, Coleridge certo non intendeva dire che si tratta di una mente che abbia una speciale affinità con le donne; una mente che faccia propria la loro causa o che si dedichi interamente alla loro interpretazione. Forse una mente androgina è meno adatta a fare tali distinzioni di quanto non lo sia una mente unisessuata. Egli intendeva dire, forse, che la mente androgina è risonante e porosa; che trasmette emozione senza difficoltà; che per natura è creativa, incandescente e indivisa. Di fatto si ritorna alla mente di Shakespeare come prototipo di tale androginia, prototipo della mente maschile-femminile, quantunque sarebbe impossibile dire che cosa Shakespeare pensava delle donne. E se è vero che uno dei simboli della mente pienamente sviluppata è il fatto di non pensare al sesso in maniera particolare o come una cosa a sé stante, raggiungere una simile condizione è tanto più difficile oggi di quanto non lo sia mai stato prima. Ero arrivata ai libri degli scrittori contemporanei, e lì mi fermai a domandarmi se questo fatto non si trovava forse alla radice di qualcosa che per lungo tempo mi aveva disorientata. Nessun'epoca può mai essere stata altrettanto acutamente consapevole del sesso quanto la nostra; prova ne sia il gran numero di libri sulle donne, scritti da uomini, che si trovano nella biblioteca del British Museum.

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Il fatto è che né Galsworthy né Kipling hanno una scintilla di donna in loro. Pertanto tutte le loro qualità a una donna appaiono, se mi è consentito generalizzare, rozze e immature. Non hanno potere di suggestione. E quando un libro non ha potere di suggestione, per quanto forte possa colpire la superficie della mente, non riuscirà a penetrare in profondità.

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A ogni modo, la primissima frase che vorrei scrivere qui, dissi attraversando la stanza fino alla scrivania e prendendo in mano il foglio intitolato "Le donne e il romanzo", è fatale che chiunque scriva abbia in mente il proprio sesso. E' fatale essere un uomo o una donna, puramente e semplicemente; si deve essere donna-maschile o uomo-femminile. Per una donna è fatale porre il benché minimo accento sui motivi di risentimento che può avere; prendere le difese di qualunque causa, anche se giusta; parlare comunque con la consapevolezza di essere donna. E fatale non è figura retorica; perché qualunque cosa scritta con quel consapevole pregiudizio è destinata a morire. Non è più fertile. Per quanto brillante ed efficace, potente e magistrale possa apparire per un giorno o due, con il sopraggiungere della sera deve avvizzire; non può crescere nella mente degli altri. Una qualche forma di collaborazione deve necessariamente aver luogo nella mente, tra la donna e l'uomo, prima che l'arte della creazione possa realizzarsi. Un qualche matrimonio degli opposti si deve consumare. La mente tutta deve mostrarsi aperta, se dobbiamo ricevere la sensazione che lo scrittore sta comunicando la sua esperienza in tutta la sua pienezza. Ci deve essere libertà e ci deve essere pace. Nessuna ruota deve cigolare, nessuna luce tremare. Le tende devono essere ben chiuse. Lo scrittore, pensavo, una volta che la sua esperienza è conclusa, deve sdraiarsi e consentire alla mente di celebrare le proprie nozze nel buio. Non deve guardare né mettere in dubbio quanto stia accadendo. Piuttosto, egli deve sfogliare i petali di una rosa o mettersi a guardare i cigni che galleggiano tranquilli lungo il fiume.

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A ogni costo, spero che riusciate a entrare in possesso di una quantità di denaro sufficiente per viaggiare e per starvene con le mani in mano, per contemplare il futuro o il passato del mondo, per sognare sui libri e bighellonare agli angoli delle strade e lasciare che la lenza del pensiero si immerga profondamente nella corrente.

1928

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